Marta Ceron è responsabile della comunicazione del Bando nella matassa per Excursus +
Dicembre è per molti il mese più intenso dell’anno. Dobbiamo chiudere i sospesi in vista dell’anno nuovo, gestire frenetici impegni Natalizi (siano essi aperitivi di auguri, cene aziendali o saggi scolastici), scambiarci auguri senza sosta. E se in agosto abbiamo la possibilità di creare un po’ di vuoto intorno a noi, durante la pausa Natalizia gli impegni ci spingono spesso a vorticare.
Si aggiunge un momento storico particolarmente faticoso, in cui la crisi (climatica, economica, politica) si fa sentire all’interno delle organizzazioni e nel vivere quotidiano.
Forse, a sostenerci nella fatica del momento ci aiuta quel senso di “condivisione” che si accompagna a queste feste. Condividere significa spartire con altri, distribuire ciò che abbiamo in modo più o meno equo. Sedersi tutti allo stesso tavolo e dividerne il suo contenuto.
La spinta individualistica ha favorito la crescita e lo sviluppo di grandi energie, soprattutto nel secolo scorso, sostenendo e sviluppando mercati ed economie. La sensazione generale però è che ci affacciamo ad un periodo in cui mettere a disposizione saperi e proprietà sia una strada percorribile con maggiore facilità. Strano, in un momento in cui le risorse scarseggiano e la fatica si fa sentire.
Che si tratti di una risposta spontanea? Siamo davvero davanti a un nuovo paradigma, dove l’homo empaticus spodesta l’homo oeconomicus?
La struttura, i codici che regolano il nostro vivere certamente sono cambiati, anche grazie alla condivisione di notizie a cui possiamo accedere. Possiamo sapere cosa viene nel mondo piuttosto facilmente, avendo accesso a una molteplicità di voci e prospettive.
Ma di fondo resta una struttura in cui dobbiamo stare e con cui siamo obbligati a fare i conti. Le regole cambiano, la struttura resta. Possiamo scegliere come muoverci all’interno di questa struttura. Condividere sapere, conoscenze e anche proprietà è un nuovo modo di reagire e di orientarci all’interno di una trama complessa. Forse perché abbiamo scoperto – grazie alla rete e alle sue stratificazioni – che è molto più semplice.
Un esempio banale me lo ricorda ogni giorno: davanti a un dubbio, una richiesta, spesso mi trovo a ‘chiedere a google’ come posso agire per risolvere il mio problema. Che si tratti di come smacchiare una camicia o di aggirare l’algoritmo di meta, di calcolare la mia pensione o di approfondire una tematica complessa, ‘Google’ spesso ha molte risposte. Certo, non tutte profonde ed esaustive, ma vi si trova parecchio.
In realtà Google non c’entra nulla. Sono le persone ad aver fornito le risposte, attraverso una condivisione di conoscenze e saperi, molto o per nulla banali. Qualcuno che ha perso tempo ed energie per mettere a disposizione di chiunque qualcosa.
In fondo, questa stessa newsletter che è per noi proprio uno spazio di condivisione, richiede una fatica e uno sforzo, un dispendio di tempo e risorse. Tuttavia, il suo scopo, è quello di creare uno spazio dove poter raccontare una storia, delle storie, di allargare una rete e il nostro sguardo.
Se la condivisione facilita molti processi, richiede sempre di lasciare, di rinunciare a qualcosa. Le risorse da investire per scrivere e confezionare questa newsletter, il tempo per ritrovare amici e parenti in vista delle feste, il tempo per condividere una conoscenza, il denaro necessario per investire in un bene comune.
Cosa siamo disposti a lasciare indietro? A cosa possiamo rinunciare? E cosa ci resta, invece, dopo aver condiviso qualcosa con qualcuno?
C’è una parabola di Ghandi che racconta di un uomo che ha l’occasione di affacciarsi sul paradiso e sull’inferno. Scopre così che si tratta di due stanze identiche, con un tavolo al centro dove sono sedute persone con lunghissime braccia e cucchiai al posto delle mani. All’inferno sono affamati e disperati, per l’impossibilità di nutrirsi a causa della lunghezza dei loro arti, che gli impediscono di portarsi cibo alla bocca. In paradiso sono sazi grazie al nutrimento reciproco che riescono a darsi, imboccandosi l’un l’altro.
Forse condividere è saper guardare per cogliere le opportunità che provengono dal mettere in comune. Stare nel contesto, lo stesso contesto con le sue regole e le sue fatiche, trovando insieme un modo diverso per poter fare.
Photo by Fernando Lavin @Unsplash
1 commento su “Condividere, un altro modo per Fare”