È stato il consulente

Eugenia Montagnini, socia e fondatrice di Excursus +, ha una solida esperienza come consulente ed è docente di Sociologia delle differenze e delle disuguaglianze all’Università Cattolica di Milano

Il primo pensiero va a lui, il signor Malaussène, che di professione è capro espiatorio nel Grande Magazzino, dove “non è solo quello che all’occorrenza paga per gli altri. È soprattutto, e anzitutto, un principio esplicativo”.

Il secondo pensiero va a un’azienda di famiglia: una piccola realtà, arrivata alla sua terza generazione; il nonno novantenne vaga ancora per i capannoni, il papà, invece, è morto improvvisamente 12 anni fa, lasciando le redini alle 3 figlie, oggi quarantenni, che hanno studiato, conoscono il mondo e prima di entrare in azienda hanno fatto esperienza altrove. Un’organizzazione dove si lavora duro e si fa tutti parte di un’unica grande famiglia. È rileggendo proprio quanto è accaduto negli ultimi anni che associo questa azienda al principio esplicativo del capro espiatorio, come scrive Pennac nel Paradiso degli orchi. Nel caso specifico il capro non è un dipendente, non è un’area dell’impresa bensì sono i consulenti. Nessuna delle figlie ne parla come capri espiatori; eppure, questo non detto si va esplicitando quando si incontrano i dipendenti. Le cose non vanno più come prima, “sì, forse le ragazze hanno visioni differenti ma sono sfortunate: si sono sempre imbattute in professionisti esterni che non hanno capito, che non ci capiscono”.

Restringo il campo e porto l’attenzione solo su di loro: i consulenti (e peraltro lo sono anch’io che, attraverso questo caso verosimile, racconto diverse situazioni che con Excursus ho incontrato sul mio cammino). Provo a capire perché i consulenti fungono da capro espiatorio, come il signor Malaussène, in modo simile ma anche con dei distinguo evidenti.

Sono tre i movimenti che noto e che sono agiti dalle tre sorelle, movimenti che riconosco perché li ho già visti in altre organizzazioni disfunzionali. Il primo riguarda la scelta dei consulenti, il secondo il significativo turnover degli stessi e il terzo la compresenza temporale di più consulenti, che agiscono autonomamente l’uno rispetto agli altri.

Nella scelta dei consulenti pare vigere il principio della soddisfazione a rotazione: sceglie fondamentalmente una delle tre, le altre accettano sapendo che la prossima volta toccherà a una di loro. Si ricorre all’esterno perché c’è un problema e non c’è unanimità nel definire la strategia per affrontarlo. I consulenti, quindi, vengono chiamati a risolvere un singolo problema; tendenzialmente non vengono forniti a loro strumenti di lettura più ampia e, laddove siano invece richiesti, le sorelle riportano i consulenti sulla situazione contingente.

Ogni problema, negli ultimi anni, ha portato le sorelle ad attivarsi immediatamente cercando professionisti sempre diversi, sempre ingaggiati su una singola questione. Persone con una buona cassetta degli attrezzi, con il giusto modello in tasca, disponibili ad affiancare le tre donne. Soluzioni pronto-intervento che spesso non hanno però portato a una risoluzione definitiva; i consulenti ingaggiati hanno aperto loro stessi il varco ad altri colleghi, nel momento in cui, scaduti i tempi definiti, non hanno fornito le risposte soddisfacenti, quelle auspicate.

Infine, più problemi, più consulenti, attentamente inseriti in compartimenti stagni dell’organizzazione e non comunicanti fra loro; ogni consulente, infatti, opera in autonomia, con il suo metodo, con i suoi strumenti, solamente su quello che a un certo punto, a tutti gli effetti, diventa il “suo” problema.

Ma in tutto ciò qual è la consapevolezza dei consulenti? A differenza del signor Malaussène ,che io sappia nessuno ha mai firmato un contratto per ricoprire il ruolo di capro espiatorio; tutti sono stati scaricati, anche chi in verità una soluzione efficace l’ha portata.

Pare esserci un’incapacità delle sorelle, e di chi le affianca nel CdA, a sedersi intorno a un tavolo, deporre le armi e iniziare a fare i conti con una realtà ben più grande di loro. I consulenti, finché gli stessi non sono in grado di sganciarsi dal ruolo di capro espiatorio, sono funzionali a un gioco perverso.

In verità c’è anche un altro capro espiatorio, in questa case history: chi ci ha lasciato. Questa è un’altra prospettiva che racconterò in un altro momento.

Photo Cottonbro @Pexels

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