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Si sta nel presente, per costruire il futuro

Giuseppe La Rocca è esperto di sviluppo locale nel terzo settore. Oggi è direttore della Fondazione Comunitaria di Agrigento e Trapani, nata grazie al programma di sostegno alle Fondazioni di Comunità nel Mezzogiorno promosso dalla Fondazione con il Sud.

Quali sono le principali resistenze che la fondazione incontra nel suo lavoro, all’interno del territorio in cui opera?

Credo che prima di tutto ci sia una questione di carattere socio-culturale. Infatti, nel dialetto siciliano il tempo verbale del futuro non esiste. Quando parliamo di qualcosa che deve avvenire nel futuro utilizziamo il tempo presente: domani andrò al mare diventa domani vado al mare. Ci siamo sempre interrogati su questa modalità, che ben ci racconta come si faccia davvero molta fatica a immaginare il futuro, a costruirlo.
Questa è senza dubbio la prima resistenza che incontriamo. Una resistenza di carattere culturale insita nel nostro essere, che ci rende difficile immaginare strategie di cambiamento. La ritroviamo in tutti i settori, quindi nel terzo settore, nella Pubblica Amministrazione ma anche nell’impresa profit ordinaria. Ma dove vuoi andare? Cosa vuoi fare? sono le tipiche domande che con cui ci troviamo a confrontarci. Anche in un’ottica di buone intenzioni, non necessariamente distruttive, ritroviamo in ogni contesto, un affermare che qui, proprio qui, questo processo di cambiamento e di sviluppo comunitario non si possa fare.

Quando siamo partiti col processo costituente della Fondazione di Comunità vedevamo questa grande differenza tra communitas e immunitas: ci sono delle comunità, dei raggruppamenti in qualche modo “comunitari”, ma sono chiusi. La logica che prevale è quella del o stai con me o sei contro di me. Per questo ci siamo dati come obiettivo la costruzione di una comunità attraverso processi di cambiamento che venissero realmente dal basso, coinvolgendo le varie componenti della Comunità. Volevamo andare oltre l’idea di un “circolino degli amici” del terzo settore, puntando invece a realizzare una struttura aperta dove coinvolgere le varie componenti della comunità che condividono l’idea di lavorare per il bene comune, ibridando processi e organizzazioni.

Vi sono resistenze legate a una Pubblica Amministrazione che, per la sua storia e per le politiche di intervento attivate nel Mezzogiorno, ha sempre messo il piano economico in rilievo rispetto a quello sociale. Crediamo nel fatto che, ad esempio, il sociale venga prima dell’economico (come ha sempre detto Carlo Borgomeo) e così non è stato e non è efficace stanziare molte risorse economiche per il Sud se manca un’infrastruttura per poterli utilizzare. Il denaro e gli stanziamenti pubblici, da soli, non generano cambiamento e sviluppo, e lo stiamo vedendo bene con i fondi del PNRR: sebbene ci siano quote destinate al Sud, ci scontriamo con pubbliche amministrazioni che non hanno personale e competenze per gestirli. .

Vi è poi una scarsa capacità di mettere insieme soggetti diversi, una resistenza a uscire dalle proprie comfort zone. Così all’interno del Terzo Settore si parla sempre con i propri colleghi e con i propri pari. Lo stesso avviene anche nella Pubblica Amministrazione e tra imprese profit. Si crea una sfiducia parallela su mondi diversi. Noi crediamo invece che i problemi che ci troviamo oggi ad affrontare siano talmente complessi da non poter essere essere risolti senza lavorare insieme, senza mettere insieme soggetti diversi, senza ibridare percorsi e organizzazioni che rappresentano interessi diversi della comunità.

Come riuscite ad abbattere queste resistenze?

Prima di tutto attraverso un approccio di vera cooperazione, applicando il metodo dell’ascolto e dell’azione. Ascoltiamo il territorio e le persone veramente, mettendoci in una logica paritetica. Solo così possiamo abbattere i muri e, resistendo, possiamo far capire davvero che la Fondazione di Comunità è una piattaforma cooperativa che può accelerare i processi e portare un beneficio concreto all’interno delle diverse realtà presenti nel territorio che ci troviamo ad abitare. Lavoriamo per operativizzare il paradigma socio-economico della generatività sociale fatto di quattro momenti: desiderare, mettere al mondo, prendersi cura e lasciare andare. Si tratta del paradigma nato dal lavoro del gruppo di ricerca guidato all’Università Cattolica di Milano da Mauro Magatti, che è anche membro del nostro comitato di indirizzo.

In questi 5 anni di vita abbiamo investito molto in questo metodo che mette al centro le persone e le organizzazioni. La Fondazione di Comunità assume un ruolo di facilitatore dei processi, coinvolgendo sempre altre organizzazioni, persone, soggetti. Oggi, dopo 5 anni di vita della nostra organizzazione, stiamo iniziando a raccogliere i risultati. I progetti attivati sono cresciuti, la Fondazione di Comunità è cresciuta, l’impatto sui territori è cresciuto. I bisogni sul territorio sono tanti ed è ancora presto per dire se riusciremo a trasformare questo nostro impegno in un sistema comunitario diffuso, ma vediamo delle buone premesse. Abbiamo raccolto più di quanto immaginavo in termini di risultati e siamo decisamente ottimisti. 

Siete mai stati bloccati da fattori esterni?

Molte volte, soprattutto nei tentativi di cooperazione con la Pubblica Amministrazione. Abbiamo trovato molte resistenze soprattuto rispetto al tema della coprogrettazione e della coprogrammazione. Ma anche nella gestione dei beni pubblici in ottica comunitaria: ci sono molti beni pubblici chiusi, di cui nessuno si prende cura ma nonostante la proposta di azioni specifiche non siamo riusciti ad attivare delle collaborazioni.
Pazienza, costanza e coraggio sono stati i tre valori che ci hanno portato alla costituzione della Fondazione di Comunità. E non era scontato, in Sicilia, riuscire ad arrivarci. Ci siamo riusciti perché abbiamo messo in pratica un modello “a fisarmonica”, dato dalla somma di alleanze “corte”, locali, che permettono di abitare davvero nel territorio, e di alleanze “lunghe”, extra locali, che consentono di non implodere all’interno delle logiche territoriali ma di proiettarsi in contesti e opportunità da introiettare. In questo senso l’alleanza con la Fondazione Peppino Vismara è stata fondamentale, così come lo è stato il supporto della Fondazione CON IL SUD, la collaborazione con l’Ecosistema della Generatività Sociale e con ASSIFERO e i vari nostri sostenitori.

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Foto Tomas Tuma @Unsplash