Durante la Seconda Guerra Mondiale l’esercito alleato si servì di un programma segreto che metteva a servizio degli sforzi bellici le migliori menti statistiche dell’epoca. Si chiamava Gruppo di ricerche statistiche (SRG) e aveva sede a New York. Un giorno fu chiesto al gruppo di risolvere un problema molto concreto: come corazzare aerei da combattimento per evitare che venissero abbattuti. Il quesito non era semplice: corazzare un apparecchio lo rende più sicuro, ma lo appesantisce rendendolo meno manovrabile e facendogli consumare più carburante.
I militari fornirono all’SRG i dati rispetto alla distribuzione dei danni causati dai proiettili nemici sui velivoli al rientro da missioni, con l’intento di far individuare le zone più colpite e ottimizzare la corazzatura. La domanda, dunque, era: quanto aumentare le protezioni nelle zone più colpite?
La risposta dell’SRG fu molto diversa da quanto si aspettavano i militari: andavano cercati i proiettili mancanti, e corazzate le zone non colpite dai proiettili -ovvero i motori-. La spiegazione era semplice: la ragione per cui gli aerei tornavano con un minor numero di colpi al motore era che gli aerei colpiti al motore, semplicemente, non tornavano. Ovvero: il gran numero di apparecchi che facevano ritorno alla base con la fusoliera ridotta a un colabrodo era una prova piuttosto convincente del fatto che i colpi alla fusoliera potevano essere tollerati. E quelli al motore no.
Ogni organizzazione si confronta quotidianamente con dati e numeri. Il principale punto di caduta è il bilancio di fine anno: un documento fondamentale che contiene numerose e importanti informazioni, che tuttavia da solo non può raccontare il lavoro quotidiano di una realtà, gli obiettivi, i risultati e le difficoltà, e che solo in parte può contribuire a dare soluzioni.
Ogni organizzazione deve però fare i conti coi numeri, in un rapporto necessariamente onesto e attento, equilibrato e innovativo. Ecco dunque alcune suggestioni, alcuni inneschi a partire dai quali riflettere:
- Appellarsi ai numeri, porli come base solida dell’operato di un’organizzazione, è una scelta che punta all’efficacia e all’efficienza. Se questo è certamente vero, non si deve trascurare che il ricorso ai numeri è anche il riconoscimento della necessità di imparzialità, e dunque, per estensione, il riconoscimento del primato della giustizia e dell’equità.
- I numeri sono spesso garanzia di trasparenza, se correttamente comunicati. E la trasparenza -soprattutto in ambiti di intervento istituzionali o sociali- è un valore intrinseco all’azione e alla reputazione.
- Misurare la performance di un’organizzazione è un potente strumento di innovazione e crescita, se sapientemente dosato. Se quella per gli indicatori diventa un’ossessione (vedi la nostra “proteina”) l’effetto distorsivo può essere drammatico.
- L’utilizzo del dato, della valutazione, del numero non deve essere burocratico, mera raccolta fine a sé stessa. Solo così può essere fecondo. O meglio ancora, solo così è alla base di un fecondo utilizzo del dato quantitativo.
- L’utilizzo del dato è un potente agente di responsabilizzazione.
- “Tutto ciò che può essere misurato può essere migliorato” è una frase molto affascinante ma spesso ingannevole. La domanda che dovrebbe precederla è: “Quel che viene misurato è effettivamente indicatore di ciò che si vuole misurare e migliorare?”
- Affidarsi ciecamente al dato porta problemi ricorrenti: si tende a misurare ciò che è più facile misurare; si è portati a misurare le risorse impiegate anziché i risultati; si corre il rischio di peggiorare la qualità delle informazioni, standardizzandole; si corre il rischio ancora peggiore di migliorare le performance semplicemente abbassando gli standard da raggiungere (se non addirittura manipolando od omettendo i dati).
- Il giudizio basato sull’esperienza è importante tanto quello basato sui numeri, e non può essere sostituito da quest’ultimo.
- Come ci insegna la storia dell’SRG, il contesto e uno sguardo laterale sono elementi fondamentali per la migliore comprensione e un più fecondo utilizzo dei dati.
- Una volta il celebre fisico Giorgio Parisi spiegò che spesso nel manipolare i dati ci comportiamo come quell’ubriaco colto a cercare le chiavi di casa sotto un lampione. Il quale, al passante che gli chiede se le ha perse proprio lì, risponde “No, ma qui c’è più luce”.
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