Massimiliano Massimelli è Team Leader e Head of Communications di Fondazione Reggio Children (www.frchildren.org), ente del terzo settore che ha l’obiettivo di “migliorare la vita delle comunità nel mondo promuovendo i diritti dell’infanzia, a partire dal diritto all’educazione di qualità”.
<<L’organizzazione -spiega- trae origine e senso da un’esperienza educativa di comunità nata a Reggio Emilia nel secondo dopoguerra e caratterizzata da un percorso che oggi diremmo bottom up, ovvero dal basso. Un progetto partecipato, che ha visto il protagonismo di una comunità, delle famiglie, che hanno voluto credere nel valore dell’infanzia, e che ha trovato alleanze nel lavoro di un grande pedagogista, Loris Malaguzzi, e negli amministratori della città>>.
L’importanza del dialogo
Questa visione si mantiene anche oggi nella nostra organizzazione, e si traduce nel lavoro di coprogettazione che svolgiamo con tutti i nostri partner progettuali. Per capirci: noi facciamo attività con i bambini, non per i bambini. Questo significa per noi fare “co-progettazione”. È una di quelle parole un po’ abusate, ma per noi molto rilevanti. E spesso in questo sta parte della nostra creatività: trovare partner e interlocutori coi quali instradare un percorso di apprendimento reciproco.
Anche nel nostro interno accade così: siamo un’organizzazione che ha ovviamente un assetto strutturato, ma che al contempo fa della collegialità e dell’orizzontalità un tratto irrinunciabile.
Venendo al tema della disciplina, diciamo che una risposta non è data e certa ma piuttosto una tensione, una ricerca continua di una misura, ogni volta variabile, tra disciplina e creatività.
Da una parte ci sono le procedure -siamo pur sempre realtà internazionale, che spesso devo rispettare protocolli a volte inderogabili-, dall’altra sappiamo che questo non è, non deve essere frustrante rispetto ai percorsi valorizzanti di ascolto, dialogo, quelli dove le persone si possano sentire titolate a portare il proprio contributo.
Noi lavoriamo sempre in gruppo -e durante il lockdown abbiamo dovuto sperimentare formule nuove per non perdere quella ricchezza del lavoro in gruppo-.
Un altro aspetto fondamentale per creare armonizzazione tra disciplina e generatività -termine cui teniamo molto- è un’attenzione costante ai contesti e ai processi. Ovvero l’attenzione a trovare sempre uno spazio, mentale e fisico, dove le persone possano esprimere la propria creatività. Vale per gli adulti come per i bambini. Poi ovviamente serve un attento lavoro di sintesi.
Una delle vostre parole chiave è “ricerca”.
E la intendiamo non solo in senso ‘accademico’, ma anche e soprattutto in riferimento ai percorsi di apprendimento dei bambini. Parlare di ricerca vuol dire comprendere il rispetto della disciplina di studio (interessante, tra l’altro, questo dualismo semantico del termine disciplina/discipline), ma al tempo stesso cercare le condizioni perché si producano scoperte, incontri con il non previsto. È un processo molto generativo che si sposa con un’altra delle nostre parole chiave, solidarietà, intesa come fare con e non solo per, in un dialogo costante, con un atteggiamento di ascolto e di apprendimento continuo.
Ad esempio, penso a un progetto che abbiamo avviato in una zona molto difficile del Centro America. Ovviamente ci portiamo dietro tutto il nostro bagaglio di valori, competenze, prefigurazioni e idee, ma senza ricette di intervento. Ci confrontiamo con la realtà e le organizzazioni locali, ma è dall’inatteso che ci aspettiamo che le cose più innovative e interessanti possano accadere. Imparare reciprocamente è la forma della solidarietà per come la intendiamo.
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