Non è vero che in natura trionfa il più adatto, il “più perfetto”.
La storia della vita sul nostro Pianeta è piena di momenti in cui i dominatori spariscono, lasciando il campo a chi era rimasto ai margini.
I dinosauri erano forse perfetti fino a quando un asteroide ha colpito la Terra, dando il via alla corsa dei mammiferi che, da presenza secondaria, sono arrivati fino all’Antropocene.
A dirla tutta, spesso -ci insegnano i biologi evoluzionisti- meglio essere “imperfetti”, poiché l’imperfezione in natura nasce dall’esigenza di trovare compromessi tra interessi diversi e spinte selettive antagoniste.
Dimenticare la perfezione se si vuole sopravvivere: è la lezione della natura.
Sappiamo che l’evoluzione è l’esplorazione di possibilità molto contingenti, non il risultato di un “disegno” o di una pianificazione; allora, se dobbiamo usare un’immagine, il processo evolutivo ricorda più il lavoro di un artigiano, che utilizza quel che ha a disposizione, anziché quello di un ingegnere, che pianifica da zero una macchina.
Il contesto odierno, ma più in generale ogni contesto di crisi, pone le organizzazioni a ritrovarsi in habitat che in maniera più o meno repentina si rivelano ostili. Cambiano i mercati, gli interlocutori, le normative.
Le strutture e le sovrastrutture che a lungo erano state elaborate, i piani di investimento, le politiche e le procedure, non funzionano più.
Cambiano i linguaggi, evolve la tecnologia, mutano le priorità.
Come fronteggiare situazioni inedite, complesse, ostili? Su quali leve puntare? Analisi di mercato? Tagli ai costi? Competenze dei dipendenti? Nuova formazione?
Nel 1997 Ia scienziata Donella Meadows (celebre come coautrice del famoso I limiti dello sviluppo pubblicato nel 1972, saggio nel quale si analizza la finitezza delle risorse del Pianeta, contro la retorica della crescita infinita) argomentò per la prima volta la sua teoria dei “punti di leva”, secondo la quale ci sono leve, o ambiti all’interno di un sistema complesso -compresa un’azienda- dove un piccolo cambiamento in una cosa può produrre grandi cambiamenti in tutto. In sostanza l’idea è che esista la possibilità di intervenire in un sistema in un’ottica di auto-organizzazione e intelligenza collettiva.
La chiave sta dunque nell’individuare le leve, i cambiamenti necessari, e sapere come utilizzarli. Il che non è affatto semplice.
Torniamo alla biologia. Nello studio dell’evoluzione un aspetto radicale riguarda la dismissione di strutture inutili. La selezione naturale non lavora infatti perfezionando tutte le strutture, ovvero quando un organo o parte di esso non è più utile spesso viene tuttavia mantenuta, se questo non è troppo “costoso” in termini di efficienza.
Anche il nostro corpo è pieno di “ricordi” evoluzionistici, parti la cui utilità oggi è ignota. Vale addirittura anche per sistemi ad altissima complessità come il DNA umano, visto che circa l’80% delle sequenze non ha funzione nota.
Oltre all’imperfezione, nei contesti di crisi anche l’inutilità può invece garantire un miglior adattamento. Alcune strutture vengono infatti riutilizzate in maniera creativa, magari per scopi per i quali non si erano sviluppate. Le ali stesse sono utilizzate per volare, ma è una funzione che è arrivata dopo. Lo stesso, per quanto incredibile possa sembrare, vale per i nostri occhi.
Tutta questa inutilità è dunque una ridondanza buona. E anche nelle organizzazioni, come nella biologia, può costituire un’ancora di salvataggio inaspettata, un repertorio di cambiamento. Un po’ come quelle cianfrusaglie che metti in garage, con l’idea che prima o poi potresti servirtene.
Oggi tutte le organizzazioni sono messe a dura prova. Come è accaduto per gli esseri viventi, ci sono aziende, interi ambiti di lavoro, che non hanno più un futuro e sono destinate all’estinzione.
Altre che dovranno sviluppare capacità e dotarsi di strutture finora ritenute inutili, forse rispolverare vecchie competenze o utilizzare le attuali in maniera inedita.
La scala delle priorità andrà rivista -consapevoli che come in natura la prima di tutte è conservarsi, non crescere-, cercando un posto particolare per la difesa dei posti di lavoro.
Ma è la sfida che ci è data di sperimentare, alla ricerca delle leve giuste che, a parità di sforzo, diano il massimo risultato, nel dialogo costante tra efficienza e resilienza. Con la pazienza di un artigiano.