Barbara Setti è referente per le attività di Ricerca ed Engagement per Fondazione Finanza Etica, realtà del gruppo Banca Etica. La Fondazione (nata nel 2003 con il nome “Fondazione Culturale per la Responsabilità Etica”) si occupa di educazione finanziaria, ricerca, azionariato critico, campagne di sensibilizzazione (https://finanzaetica.info/)
Barbara Setti, possono esistere “buone intenzioni” anche nella finanza?
Il ragionamento alla base di tutto è quasi filosofico: dobbiamo accettare dogmaticamente la realtà per come viene raccontata? Le cose così come stanno vanno bene? Questo sistema è l’unico possibile? L’homo oeconomicus esiste davvero? Ma soprattutto: la parte solidaristica, altruistica di noi stessi deve davvero essere relegata solo alla sfera privata?
Le organizzazioni a movente ideale non la pensano così, ma partono da elementi culturali e valoriali propri. Li discutono e ci ragionano, e magari se li scrivono. La finanza etica li ha scritti in un Manifesto in 7 punti: cose chiare, molto pragmatiche.
Perché la finanza etica non è un’attività per anime belle – e in generale le buone intenzioni non sono solo per i “buoni” -, ma un’attività economica, che nasce dall’attenzione ai temi etici nelle attività finanziarie. L’elemento fondamentale che prende in considerazione è l’impatto delle attività economiche sulla realtà. Ad esempio, il fatto che il credito sia un diritto umano. Se è così: come mi avvicino con servizi e prodotti a persone “non bancabili” in maniera efficace ed efficiente?
Un altro pilastro fondamentale della finanza etica è rappresentato dall’educazione finanziaria: le persone che vengono da me devono capire quel che propongo, in maniera trasparente (altro valore del Manifesto). Affinché il potere, lo scambio tra i due soggetti, non sia asimmetrico.
Inoltre: per fare una finanza eticamente orientata devi prima decidere come governarti. La governance è fondamentale. Vuol dire che devono essere introdotti dei meccanismi democratici di partecipazione.
Infine: i criteri di riferimento sono quelli della responsabilità sociale e ambientale. Tradotto: la finanza etica valuta il proprio impatto sia sul territorio, in termini di ambiente e persone, sia all’interno della governance. Qualsiasi attività economica non è soltanto economica, e per una serie di ambiti di investimento -fonti fossili, commercio d’armi…-, applichiamo criteri di esclusione.
Come emergono le buone intenzioni?
Come si trasmettono all’interno di un’organizzazione?
Nel gruppo Banca Etica convivono varie anime che contribuiscono in vario modo allo sviluppo della finanza etica. La Fondazione, che è una fondazione culturale e non bancaria, si occupa di studio, ricerca, formazione e informazione.
Anche la Banca realizza attività culturali verso i soci, grazie ai gruppi territoriali (i Git) dei soci volontari. I corsi di formazione organizzati nel Gruppo per i neo assunti non sono solo tecnici, ma anche valoriali. Banca Etica è una banca cooperativa: per questo le assemblee annuali dei soci sono momenti fondamentali di partecipazione democratica. Così come le iniziative legate al benessere organizzativo interno al Gruppo, attraverso sia gruppi di lavoro infra-Gruppo che attività su base volontaria che mettono in connessione persone di diversa estrazione territoriale su una serie di temi sensibili e rilevanti che vengono portati, dal basso, all’attenzione del CdA
Banca Etica è la prima azienda a livello europeo a ottenere la Certificazione del proprio sistema di gestione delle risorse umane secondo il nuovo standard internazionale ISO 30415:2021 “Diversity & Inclusion”.
Come si vigila sulle “buone intenzioni”, come si rispettano i principi, specie quando si fanno più sfumati?
Le persone migliori che possono valutare se c’è coerenza sono le persone che lavorano all’interno del Gruppo. Il modo migliore per garantire che i principi non si perdano è che siano le persone lavoratrici stesse a essere custodi dell’anima delle proprie scelte.
Ma questo è possibile solo se il sistema è realmente democratico, al di là della governance.
Come si evolvono le buone intenzioni?
Oltre all’attenzione della base serve vision della governance. Il ruolo dei comitati etici, oltre a quello di vigilanza, è fondamentale.
Una realtà che vive nel presente, ha radici nel passato ma guarda al futuro, deve saper intercettare e avere la voglia e il coraggio di coinvolgere persone anche non necessariamente “interne” al proprio mondo, ma che per competenze siano portatrici di nuove visioni tecniche, scientifiche, culturali.
È necessario il coraggio di contaminare e essere contaminati, soprattutto per gli organi di indirizzo, per evitare il rischio dell’auto-referenzialità. Anche così si possono creare le condizioni per avere persone che stimolano e danno indirizzi alla governance.
Ma una cosa va ricordata: qualsiasi lotta deve essere completa. In questo momento il tema ambientale è il tema. Ma noi non dimentichiamo mai che lottare per la giustizia climatica senza un parallelo impegno sui diritti delle persone, non ha senso e rappresenta solo operazioni di facciata.
Photo by Towfiqu Barbhuiya @Unsplash