Elinor Ostrom era nata nel 1933. Politologa, direttrice dell’Indiana University di Bloomington, negli USA, nel 2009 aveva vinto il premio Nobel per l’Economia. Un premio inaspettato: perché dato a una scienziata politica, innanzitutto, ovvero a chi si occupa di una disciplina che interroga il potere.
E poi perché un Nobel per l’economia alla Ostrom riconosceva che studiare il governo delle risorse naturali era possibile anche a partire dall’osservazione della modalità con cui le comunità gestiscono e affrontano problemi di cooperazione inevitabili.
In altre parole, Ostrom spiegava che per imparare a fronteggiare shock esterni abbiamo bisogno di sistemi istituzionali che promuovano al massimo la cooperazione e l’autogoverno, valorizzando la loro capacità di sperimentare e imparare l’una dall’altra.
Elinor Ostrom è mancata proprio 10 anni fa. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è “La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica” (Bruno Mondadori, 2009): un’analisi dei rischi che le ipermoderne norme e tecnologie sulle produzioni intellettuali fanno correre al carattere di bene comune della conoscenza. E proprio di fronte a tale pericolo, Ostrom ribadisce che il sapere deve essere una risorsa condivisa, il propellente stesso per le moderne società che legano la loro prosperità e il loro sviluppo alla ricerca, alla formazione e alla massima diffusione sociale di saperi creativi e innovativi.

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