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La Cultura è uno strumento


Claudio Borgianni è Socio fondatore e Presidente della Fondazione Entroterre, ente dedicato alla promozione della rigenerazione e dello sviluppo dei territori.

La cultura ci salverà?

No, a meno che sia pensata come strumento per fare attivazione sociale, risolvere un problema, migliorare o reindirizzare i flussi turistici, rigenerare un luogo. Nel nostro paese, denso di cultura, può davvero essere un elemento valido per una rinascita. Ma dobbiamo ripensarla, iniziare a considerarla diversamente: non più una cultura fine a sé stessa.
Faccio un esempio partendo da un mondo che ho vissuto, quello della musica antica o classica, che organizza concerti con l’unico scopo unico di fare dei bei concerti. Quel mondo sta finendo: viene sempre meno finanziato, viene sempre più emarginato e il suo pubblico si sta esaurendo. È un mondo che ha chiuso un suo ciclo.

La cultura può allora diventare lo strumento in grado di rafforzare il senso di comunità in un territorio, contribuendo a rispondere ai suoi bisogni?

Il problema dei bisogni è gravissimo e non siamo mai riusciti a risolverlo.
Oggi esistono strumenti dedicati al mondo non profit dalla riforma del terzo settore, tra cui l’introduzione degli ETS – Enti del Terzo Settore, la co-programmazione e la co-progettazione tra pubblico e privato. Si tratta di strumenti che permettono di applicare modelli che, partendo da tavoli di lavoro e attività partecipate, forniscono output sempre diversi e funzionali a chi li mette in pratica. Soprattutto in molti Comuni – che non hanno la capacità di individuare risultati da percorrere – la co-programmazione permette agli ETS di intervenire, di rilevare dei dati e di mostrarli, di parlare con partner diversi dei bisogni specifici e, quindi, di indirizzare la politica degli amministratori su questi stessi temi, magari coinvolgendo altri soggetti. Ma è necessario saper utilizzare correttamente gli strumenti che ci sono stati forniti. 
Questo modo di lavorare si contrappone a quel mondo antico, che usa la cultura per la cultura senza andare oltre.

Come possono dialogare questi due mondi, quello della co-progettazione e quello della ‘cultura per la cultura’?

Serve sempre l’intermediazione di un mediatore.
Recentemente ho scoperto una composizione di Battistelli, Experimentum Mundi, che inserisce degli artigiani in un Ensemble, rendendoli parte dell’esecuzione musicale.
Credo che questa sia la direzione verso cui è possibile andare: calarsi a terra coinvolgendo la Comunità. Si può fare la cosa più astrusa del mondo, la più complessa culturalmente, ma tutto passa sempre dal coinvolgimento della propria comunità di riferimento. E gli strumenti per coinvolgere la Comunità sono le co-progettazioni, attraverso le quali coinvolgere compositori, pittori, artisti per far loro proporre attività partecipate. Nella pratica è complicatissimo, così come lo è staccarsi dalla burocrazia e da quelle prassi che riguardano la gestione quotidiana degli enti culturali.
Ma è necessario iniziare a sviluppare progetti pluriennali, darsi respiro e cominciare a lavorare lentamente sul territorio. Noi lo abbiamo fatto, con un po’ di coraggio, un po’ di incoscienza. Abbiamo scelto di avere una visione a lungo termine, che sta avendo successo. Il Festival Entroterre all’inizio non veniva capito: tecnicamente non rispettava nemmeno i parametri del FUS (Fondo Unico per lo spettacolo dal vivo), che chiede di operare in un contesto territoriale definito. Noi invece abbiamo scelto di lavorare nell’entroterra di tre regioni diverse, lasciandoci aperta la possibilità di espanderci. Abbiamo forzato le maglie, ma ci siamo dati un termine e degli obiettivi: se dobbiamo andare in un luogo a fare un intervento, un’azione o a portare un progetto musicale una tantum, preferiamo lasciar perdere. Abbiamo scelto di creare dei legami, con tutti i rischi connessi a questa pratica.

Co-progettare vuol dire mettere insieme voci diverse, ciascuna con la propria unicità e i propri bisogni. Come riuscite a tenere insieme e valorizzare le differenze?

L’obiettivo principale di un ogni nostro evento è che venga fruito da target diversi, non solo di persone ma anche di stakeholder locali. Il gioco sta nel costruire eventi che possano avere una multilivellarità che interessi a tutti: all’imprenditore che parteciperà a un aperitivo di networking; alla famiglia a cui è dedicata un’area riservata ai bambini; alristoratore che attrarrà più clienti; al cittadino che incontrerà i turisti senza che la loro presenza sia impattanti sul traffico sul cittadino grazie alle politiche di gestione dei flussi, e così via.
Quello che facciamo è perseguire questo equilibrio. A volte ci riusciamo, a volte no. Ma è la chiave di volta per proseguire queste attività. 

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Bruno Figueiredo @Unsplash