Francesca Porrini si occupa di Produzione di eventi. Dopo aver lavorato diversi anni nel settore, ha fondato Meraki Produzioni e organizzato la prima edizione italiana di Just So Festival, format inglese di cui detiene i diritti italiani. Parallelamente porta avanti la sua attività di produzione eventi in Italia e all’estero.
Da alcuni anni fa parte di un gruppo informale di professioniste che, come lei, si occupano di produzione, non solo di eventi ma anche shooting, video, cinema: The Producer.
Come funziona questo gruppo? Chi lo ha fondato e chi ne fa parte?
The Producer è nato spontaneamente nel 2019 quando alcune professioniste che collaboravano in modo più o meno stabile nel settore della produzione di eventi/video – facendo parte della stessa agenzia, oppure incrociandosi spesso come free lance – hanno creato un gruppo WhatsApp. Io ci sono entrata nel 2022; allora eravamo una trentina. Un po’ alla volta abbiamo iniziato a inserire altre colleghe e oggi il gruppo conta 197 iscritte.
The Producer ammette solo donne, per lo più libere professioniste nel settore della produzione in senso ampio (quindi anche video shooting, spot pubblicitari, sfilate ecc.). Lo scopo è quello del mutuo aiuto. Abbiamo tutte la sensazione di essere, per quanto brave e competenti, in svantaggio rispetto all’universo maschile, che parte sempre con qualche opportunità in più. Allora ci difendiamo facendo rete, una rete incredibile.
È un gruppo femminista?
Non lo so. Certamente è un gruppo molto concreto, che si attiene alle comunicazioni di servizio e resta molto aderente allo scopo originario.
Hai un problema di lavoro e non trovi un fornitore? Chiedi nel gruppo e troverai certamente qualcuno che ti darà una risposta, veloce e immediata.
Ti hanno fatto una proposta di lavoro e non puoi gestirla direttamente? Condividila nel gruppo per ricevere le candidature delle tue colleghe.
Gli unici messaggi off topic consentiti sono legati alla ricerca di affitti, richieste di consigli di natura legale o commerciale e, qualche volta, qualche sfogo sulle fatiche del nostro lavoro – sono molto limitati. Vi è molta solidarietà da parte di tutte, ma non c’è molto spazio (e tempo…) per il cazzeggio.
Come si entra nel gruppo?
All’inizio attraverso il passaparola, chiunque poteva aggiungere chiunque. Adesso che siamo quasi 200 si fa una richiesta esplicita alle amministratici del gruppo (che sono coloro che lo hanno fondato) indicando nome e cognome e spiegando chi è e cosa fa. È ancora tutto basato sulla fiducia: non viene chiesto curriculum, non viene fatta una selezione. Ci si affida al senso di responsabilità di tutte quante.
Hai mai condiviso delle proposte di lavoro all’interno del gruppo? Sai se si sono concretizzate?
Ne ho passate alcune, ma in realtà non so se si sono concretizzate. Ho condiviso le coordinate della proposta e invitato le interessate a scrivermi in privato. Quindi, dopo aver verificato velocemente il profilo, ho girato il contatto alle agenzie che mi avevano contatto. Poi ho smesso di seguire il processo.
In questi anni ho anche preso un paio di lavori proposti dal gruppo, da persone che in effetti non conoscevo. Uno di questi mi ha permesso di attivare una collaborazione con una nuova agenzia con cui continuo a lavorare saltuariamente.
Ultimamente è nata spontaneamente l’abitudine di aggiornare le altre dopo si aver condiviso il contatto di qualche fornitore, o dopo aver collaborato con qualche nome suggerito nel gruppo; avere un feedback è molto bello.
Avete mai pensato di rendere il gruppo più istituzionale? O di incontrarvi di persona?
Conosco personalmente alcune colleghe che fanno parte del gruppo, perché ci ho lavorato o perché le ho incontrate in occasione di qualche aperitivo organizzato qualche anno fa, quando il gruppo è stato aperto ed eravamo in poche. Ma è difficile adesso, in così tante e provenienti da tutta Italia – qualcuna anche dall’estero – riuscire a trovare una data e un momento per incontrarci.
Ci siamo riunite in passato per capire se questo gruppo poteva diventare qualcos’altro. Eravamo ancora meno di 100 e ci siamo chieste, in una Call online, che forma avrebbe potuto assumere, quale scopo, quali regole, cosa altro avremmo potuto fare. Sono uscite tantissime idee interessanti, tra cui condividere le competenze di ciascuna per delle attività di formazione gratuite – io mi ero offerta per fare formazione su Autocad – oppure provare ad ottenere agevolazioni attivando convenzioni con commercialisti, studi legali, assicurazioni.
Ma poi, paradossalmente, nonostante facciamo un lavoro in cui dobbiamo organizzare le cose, nella vita privata, diventa difficile ritagliarsi il tempo per queste attività. E alla fine non è nato nulla.
Forse abbiamo capito che ci va bene il gruppo WhatsApp, perché sappiamo che ogni volta che c’è un problema ti aiuta a risolverlo. E non serve fare altro, anche se sarebbe bello.
Ci teniamo però, almeno un paio di volte l’anno, a incontrarci con chi può per un aperitivo e per raccontarci come va. Alcune di noi condividono anche progetti personali e spesso ci si supporta a vicenda e si frequentano corsi o lezioni organizzate dalle altre.
Perché secondo te funziona così bene?
Perché nessuno ha niente da perdere. Sapere che c’è uno spazio dove se hai un problema (tipicamente last minute) qualcuno ti risponde, è già molto. Funziona perché c’è molta solidarietà, e ciascuna di noi risponde e partecipa perché sa che domani potrà trovarsi nella stessa situazione e avere bisogno di qualcosa. Credo anche che si basi molto sulle caratteristiche del nostro settore, dove c’è sempre poco tempo, pochi soldi e molti problemi. Si tratta di una sorta di pagine gialle molto evolute, o di una ricerca su Google certificata. C’è poi la consapevolezza di avere persone con livelli di seniority diversi tra loro, ma anche questo fa parte del sistema ed è utile per tutte.
Fino ad ora c’è sempre stata una risposta per tutte le richieste. Abbiamo anche una parola in codice: quando qualcuno scrive #farfalle sappiamo che si tratterà di una richiesta assurda. Perché in effetti, una volta, a una di noi servivano farfalle ammaestrate entro 2 giorni, e le abbiamo trovate.
Per divertimento ci stiamo segnando queste richieste.. magari un giorno ne faremo un libro e devolveremo il ricavato in beneficenza. Intanto, continuiamo a darci una mano.
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In questo gruppo si mettono a disposizione le disponibilità e le competenze di ciascuna. Così vincono tutti: i clienti, che vedono realizzati i loro eventi, e le consulenti, che riescono a risolvere i problemi. Ciascun membro del gruppo potrà inoltre organizzare i propri impegni di lavoro sapendo che, qualora diventassero troppo intesi, potrà affidare le nuove richieste a qualcun’altra. Allo stesso modo saprà di poter cogliere delle opportunità per colmare i buchi delle colleghe, mai incontrate, ma affidabili.
Il modello funziona, e forse funziona così bene proprio perché non vi sono KPI, rating, endorsment istituzionali. In qualche modo il mercato è regolato dalla consapevolezza di ciascuna: tengo ciò che voglio, investo sul cliente/progetto che mi interessa di più e passo a un’altra persona ciò che lei potrebbe anche fare meglio di me. La spontaneità, la responsabilità condivisa, l’affidabilità lo rendono flessibile ma anche sufficientemente solido.
Che sia un esempio da riproporre in diversi settori, anche molto diversi da quello della produzione di eventi per iniziare a lasciare andare e fare ciò che possiamo, vogliamo o che ci interessa davvero?
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Foto Tim Douglas @Pexels