Eugenia Montagnini, socia di Excursus+ e consulente organizzativa , ci guida alla scoperta del Piano Strategico: cos’è, perché è fondamentale e come può trasformare le organizzazioni.
Questo approfondimento nasce da una conversazione tra Eugenia e Marta, responsabile della Comunicazione di Excursus+ (durata circa 20 minuti).
Puoi guardare il video con l’intervista completa,
ascoltare l’audio tramite questo link,
oppure leggerne i punti salienti qui sotto
Qualche approfondimento:
– Il nostro Piano strategico 2024-206 in una mappa
– Il valore che generiamo (valutazione SABI 2024)
– la newsletter di gennaio 2025 dedicata al Piano strategico
IL PIANO STRATEGICO: A COSA SERVE, COME UTILIZZARLO.
C’è un’immagine che porto sempre nelle organizzazioni: il Piano strategico (PS) è lo strumento che permette di tenere insieme la terra e il cielo, mirando all’orizzonte.

A livello operativo, il PS consente alle organizzazioni di mantenere una visione chiara sulle strategie di medio termine.
Il processo di progettazione del PS parte da una rilettura riflessiva che l’organizzazione fa di sé e che noi, come Excursus+, possiamo accompagnare affiancando l’organizzazione affinché individui le strategie più opportune, che le permettano di consolidarsi e di crescere. Questo percorso si adatta ai tempi e alle specificità di ciascuna organizzazione e vengono definite insieme, passo dopo passo.
Il PS può avere una durata variabile: 2, 3 anni, talvolta anche 5. Nella nostra esperienza, in Excursus+ e nel nostro lavoro con le organizzazioni, abbiamo adottato PS sia biennali sia triennali. Per Excursus+ non abbiamo mai adottato piani più lunghi di 3 anni, in linea con le dimensioni della nostra realtà. Anche nelle organizzazioni più grandi, con 200 o 250 persone che vi collaborano, il contesto storico, sociale ed economico attuale rende la triennalità una scelta particolarmente sensata. Oggi è raro confrontarsi con piani strategici quinquennali o decennali, come accadeva fino a pochi anni fa. Il motivo è chiaro: il futuro è sempre più complesso da prevedere, e i cambiamenti sono così repentini che guardare oltre 3 o 5 anni può risultare poco realistico rispetto al raggiungimento degli obiettivi stessi.
Per essere davvero strategico, un PS deve essere ambizioso. Non può limitarsi a ciò che abbiamo già sperimentato o conosciuto, ma deve spingerci verso ciò che desideriamo e aspiriamo arealizzare, anche se ancora inesplorato. È come puntare al cielo.
Guardare a terra, invece, permette di tradurre quella visione ambiziosa in obiettivi concreti, definendo tempistiche e milestone che ci permettano di rendere il nostro piano realizzabile.
Questo processo tiene conto di ciò che siamo oggi e di ciò che, gradualmente, potremo diventare.
LO STRUMENTO: QUALE OUTPUT?
Il primo passo per costruire un PS è l’ascolto e la raccolta di informazioni. Se esiste già un Piano strategico precedente – realizzato con o senza il nostro supporto – è fondamentale partire da lì: analizzare gli obiettivi iniziali, verificare quali sono stati raggiunti e comprendere perché alcuni potrebbero non esserlo stati.
Quando non c’è uno storico né una pratica consolidata, come accade in alcune organizzazioni con una visione ma senza esperienza di autoriflessivitào di definizione strategica degli obiettivi, utilizziamo strumenti diversi. In ogni caso, iniziamo sempre raccogliendo le informazioni necessarie per creare una conoscenza condivisa. Questo è il punto di partenza per definire, insieme al gruppo di lavoro, gli obiettivi strategici, con il nostro accompagnamento.

Il gruppo di lavoro è esso stesso un elemento chiave: deve rappresentare entrambe le anime dell’organizzazione, ovvero la governance e la parte più direzionale e operativa. Queste due componenti hanno spesso visioni, esperienze quotidiane e prospettive differenti, ma è proprio dal loro confronto che può emergere una strategia condivisa, capace di guardare con chiarezza all’orizzonte.
Dopo questa prima fase, in cui vengono definiti gli obiettivi strategici e la durata del PS, è essenziale individuare un numero di obiettivi che siano non solo perseguibili, ma anche realmente strategici. Questi obiettivi devono essere collocati sia all’interno dell’organizzazione sia nel suo contesto più ampio. In questo modo è possibile analizzare i punti di forza e le criticità che l’organizzazione sta vivendo, sia internamente che nel mercato o nel settore in cui opera.

A questo punto, utilizziamo una struttura consolidata che consente di declinare ogni obiettivo strategico in obiettivi specifici. Per ciascun obiettivo specifico, si definiscono le azioni concrete da intraprendere, gli indicatori e i risultati attesi. Questo approccio permette di monitorare nel tempo ogni singola azione e valutare l’intero processo in itinere. Inoltre, vengono stabilite le scadenze, così da distribuire il lavoro in maniera sostenibile nel tempo. Infine, una volta concluso il PS, si avvia una riflessione sui costi necessari per la sua implementazione. Questa fase permette di valutare la sostenibilità del Piano e di tradurre le idee in azioni concrete.
Accade spesso – ed è accaduto anche nella nostra équipe – di lasciarsi prendere dall’entusiasmo e desiderare di fare tutto subito. Tuttavia, un approccio a lungo termine è molto più sensato: svolgere le azioni non significa semplicemente depennarle da una lista, ma avere la capacità di rispettare le tempistiche e di raggiungere gli obiettivi strategici a un ritmo condiviso da tutte e tutti.
Un PS non è davvero strategico se non genera cambiamento.
Sappiamo bene che il cambiamento può incontrare resistenze naturali, ma sappiamo anche che, una volta superate, le organizzazioni possono realmente fiorire.
Alla fine del processo, il risultato è uno strumento unico per ciascuna organizzazione. Può essere un documento, un file Excel o qualsiasi altro formato, purché contenga in modo chiaro: obiettivi strategici, obiettivi specifici, azioni da intraprendere, risultati attesi, tempistiche e responsabilità operative (chi fa cosa).
RISPETTARE IL PS: CAMBIAMENTI E AGGIUSTAMENTI DI FRONTE ALLA REALTÀ
Un Piano strategico realmente efficace è flessibile: si può aggiustare, aggiornare e ridefinire nei tempi di attuazione. È fondamentale avere la capacità di analizzare con chiarezza i motivi per cui alcune scadenze non vengono rispettate.
Ci sono due situazioni che ho vissuto come consulente e che illustrano bene questi casi.
Nel primo, una ONG si è trovata impossibilitata a perseguire uno degli obiettivi strategici definiti insieme, perché il contesto normativo in cui si collocava una delle azioni strategiche è cambiato in modo imprevisto e imprevedibile. L’obiettivo, in quel caso, è venuto meno non per mancanza di impegno, ma per un evento esterno che ha modificato radicalmente il contesto.
Nel secondo caso, un’organizzazione si è trovata a dover impiegare risorse inaspettate, non previste inizialmente. In questo caso, l’obiettivo strategico non è stato abbandonato, ma è stato necessario ridefinire gli obiettivi specifici per renderlo effettivamente perseguibile.
È un po’ come scalare una montagna: l’obiettivo rimane quello di raggiungere la vetta, ma può capitare che un sentiero diventi impraticabile a causa di un evento accidentale. In questi casi, con la giusta determinazione, è possibile scegliere un percorso alternativo, magari uno già tracciato, o, in modo pionieristico, aprirne uno nuovo. Tuttavia, a meno che non si verifichi un evento esterno significativo che renda impossibile il perseguirlo gli obiettivi strategici devono essere perseguiti.

Un aspetto importante, emerso anche nella pratica di Excursus+, è che il PS sia elaborato in un momento di creatività e serenità, non sotto stress o in una situazione di emergenza. La capacità di definire una strategia efficace e i mezzi per realizzarla risulta minima quando si è sotto pressione.
Nel nostro caso, siamo partiti e partite da un contesto armonioso, sostenuto da ispirazioni esterne (per l’ultimo, per esempio, ci siamo lasciate ispirare dal lago Maggiore e dal suo intorno, da alcuni articoli dall’Harvard Business Review, dalle parole di Chandra Livia Candiani). Questo approccio creativo e rilassato ci ha permesso di elaborare un PS capace di tenerci ancorati nei momenti di difficoltà.
Penso a come durante la pandemia del 2020-2021 avere un Piano strategico da perseguire sia stato fondamentale per non sentirci smarriti e smarrite; esperienza condivisa anche dalle organizzazioni che abbiamo affiancato.
SE IL PS È NECESSARIO PER L’EVOLUZIONE DI UN’ORGANIZZAZIONE
Avere un Piano strategico è fondamentale, anche per le organizzazioni più piccole, che si distinguono per una visione e una missione forti. Questo vale in particolare per realtà che rispondono a bisogni autentici di un territorio o di una comunità, specialmente in una fase epocale così complessa come quella che stiamo vivendo.
Quando un’organizzazione sente il bisogno di cambiamento, il mio consiglio è sempre quello di partire con un Piano strategico che potrà essere poi essere affiancato, integrato – o, in alcuni casi, anche sostituito – da altri strumenti. Il PS rappresenta un punto di partenza imprescindibile, perché ci spinge a ragionare su un arco temporale contenuto e sufficiente per chiederci dove vogliamo andare e cosa vogliamo fare.
Un PS ben costruito tiene conto delle diverse componenti di un’organizzazione: dalla compagine sociale alla governance, dai collaboratori e collaboratrici fino ai clienti, beneficiari e fornitori. Mettere insieme queste parti per capire strategicamente, e in modo condiviso, dove si può arrivare, rende il PS uno strumento di lavoro interno fondamentale. Diventa una guida trasparente, capace di comunicare a tutte le persone che fanno parte dell’organizzazione quale sarà il percorso, un percorso da fare insieme.
Allo stesso tempo, è strumento di comunicazione verso l’esterno, un modo per raccontare quanto siano importanti le strategie e come queste definiscano una visione chiara. Una visione che può essere condivisa con chi beneficia del nostro lavoro, costruendo un senso di appartenenza e fiducia.

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Immagine in evidenza e all’interno del testo, in ordine di apparizione: Luke Moss, Andrew Moca, Jachim Michal, Sophie Grieve Williams, Nicole Avagliano / @Unsplash
2 commenti su “Il Piano Strategico spiegato da noi: quello che c’è da sapere”