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Desiderare ancora. Una questione demografica

La glaciazione demografica
Dal calo della natalità al calo del desiderio
Perché non ci eleviamo intorno alle stelle? –  Da un incontro con Ugo Morelli
Proteine

Dove stiamo andando, il percorso della nostra Newsletter, dedicata al Futuro delle organizzazioni

La glaciazione demografica

A partire dalle riflessioni condivise nella newsletter dello scorso febbraio, dedicata all’esplorazione dei temi che stanno plasmando il futuro delle organizzazioni (la trovi qui), abbiamo scelto di approfondire ciascun tema dedicandovi un tempo più lungo (3 mesi, 3 newsletter) e di iniziare da un nodo cruciale: la glaciazione demografica.
Ci siamo chieste come leggere questo fenomeno (che ha portato l’Italia a passare da 60,73 milioni nel 2015 a 58,96 nel novembre 2024), cosa ancora ci sfugge e in che modo sta già trasformando – e trasformerà – il modo in cui viviamo e lavoriamo nelle organizzazioni. Abbiamo provato a guardarlo da più angolazioni, continuando a porci domande.

In Italia questo processo assume contorni ancora più marcati rispetto ad altri paesi. Un quadro chiaro lo offre l’intervista di Alessandro Cattelan al demografo Alessandro Rosina, professore all’Università Cattolica di Milano, saggista, esperto di trasformazioni demografiche e autore di Storia demografica d’Italia (Carocci, 2022). In questo dialogo Rosina delinea con lucidità la portata del problema, ne analizza alcune delle cause profonde e suggerisce possibili chiavi di lettura.

L’intervista di Alessandro Cattelan ad Alessandro Rosina
Radiodeejay, 21 maggio 2024

Ascoltala qui – 20′ 21”

Dal calo del desiderio al calo della natalità

E così, nel nostro interrogarci, abbiamo cercato alle origini: se il calo della natalità fosse legato non solo a fattori sociali e strutturali, ma anche a un più ampio calo del desiderio?


Ci è sembrata una pista da percorrere. Per questo abbiamo coinvolto Ugo Morelli, studioso di scienze cognitive, psicologo, ricercatore e saggista, chiedendogli di aiutarci a mettere a fuoco ciò che ci sfuggiva. Dall’incontro con lui siamo tornate con molte domande, ma anche con alcune tracce preziose: il desiderio non è solo una dimensione intima e individuale, ma è il motore della nostra capacità di creare legami, visioni, futuro. Quando si affievolisce, come sta accadendo oggi in molte forme, si spegne anche la possibilità di progettare, immaginare, abitare con senso il tempo che viviamo.

Qui in seguito condividiamo un estratto di questo incontro: alcune considerazioni emerse e successivamente rielaborate insieme, all’interno della nostra équipe.

Perché non ci eleviamo intorno alle stelle?
da un incontro con Ugo Morelli

Il desiderio è il motore dell’esistenza umana, la forza che ci spinge a immaginare, a creare, a costruire significati. È il principio stesso della nostra individualità, il luogo in cui si intrecciano autonomia e dipendenza, bisogno e possibilità, spiega Ugo Morelli.

Senza desiderio, tutto si appiattisce, si spegne. Eppure, oggi assistiamo a una sua crisi profonda, che attraversa ogni dimensione della nostra vita: dalla sfera affettiva e sessuale, al lavoro, fino alla progettualità sociale e demografica. Non è solo una questione di numeri o di politiche inefficaci, ma il sintomo di un disorientamento più profondo, di una crisi antropologica che ci vede smarriti di fronte a un modello di vita al tramonto. Il punto non è solo che si fanno meno figli, ma che si desidera meno, che fatichiamo a immaginare il futuro, a costruire legami, a sentire appartenenza.

Il desiderio non è solo pulsione, ma è un modo in cui ci individuiamo come esseri umani.
Judith Butler ci ricorda che non può esistere autonomia senza dipendenza: siamo esseri relazionali, il nostro desiderio nasce e si sviluppa nel rapporto con l’altro. Gaston Bachelard afferma che siamo figli del desiderio, non della necessità, eppure oggi facciamo fatica a elevarci, a guardare oltre, a costruire significati. L’etimologia stessa della parola desiderio, de-sidera, richiama il guardare alle stelle, ma cosa ci impedisce oggi di alzare lo sguardo? Perché il nostro desiderio fatica a trovare una direzione?

Se la crisi demografica è sotto gli occhi di tutti, c’è un’altra glaciazione, meno evidente ma altrettanto pervasiva: la glaciazione affettiva. Un raffreddamento dei legami sociali, dell’intensità emotiva, della capacità di creare connessioni profonde. Un’apatia diffusa, che si traduce in distanza, disincanto, indifferenza. Viviamo in un tempo in cui l’essere umano si trova sulla soglia di se stesso, incapace di decidere quale direzione prendere, come un bambino che ha rotto qualcosa di prezioso e ora si aggira smarrito tra i cocci. Tutto ciò che esiste tende alla vita, ma la nostra epoca sembra aver smarrito la capacità di alimentare il desiderio come motore esistenziale.

Un aspetto centrale di questa crisi è la perdita del simbolico. Il simbolico è ciò che ci permette di costruire significati, di attribuire valore all’esperienza, di collocarci nel tempo e nello spazio. Quando il simbolico si indebolisce e l’immaginario prende il sopravvento, tutto diventa più immediato, più superficiale, più effimero. L’immaginario è quello che appaga subito, che risolve l’ambiguità senza lasciar spazio alla complessità e all’attesa. È la dinamica della sovrastimolazione e della ridondanza: tutto è accessibile subito, senza mancanza, senza vuoto, senza tensione. Ma il desiderio ha bisogno di mancanza per crescere, ha bisogno di uno spazio da colmare, di un’attesa da attraversare. Senza questa distanza, il desiderio si spegne, sostituito da una compulsione all’accumulo che non sa generare né soddisfazione né senso.

Per comprendere meglio il desiderio, Morelli consiglia di guardare alle emozioni di base individuate dal neuroscienziato Jaak Panksepp: la ricerca, la paura, la rabbia, la giocosità, la cura, il dolore e il desiderio stesso, che si sviluppa all’interno di questi circuiti emozionali, attivandone alcuni e inibendone altri a seconda delle circostanze. Nel gioco, ad esempio, si attivano ricerca e giocosità, mentre nella dipendenza il desiderio si manifesta come una ricerca compulsiva che neutralizza la paura e la rabbia. Il desiderio, dunque, non è un’entità isolata, ma il risultato di un intreccio di tensioni e pulsioni che determinano il nostro modo di stare al mondo.

E nelle organizzazioni? Anche lì il desiderio sembra in crisi. Sempre più spesso, le persone vivono il lavoro come un luogo svuotato di senso, dove il legame si affievolisce e la motivazione si spegne. Se il desiderio è relazione, immaginazione, tensione verso qualcosa, allora anche le organizzazioni sono chiamate a ripensare il modo in cui alimentano – o soffocano – questa spinta vitale. Forse il lavoro potrebbe tornare a essere uno spazio generativo, in cui costruire significati, coltivare legami, abitare l’esperienza con più consapevolezza.

La crisi del desiderio è il riflesso di un modello di società che ha fallito. Abbiamo costruito un immaginario prometeico, dice Morelli, basato sull’accumulo, sulla conquista, sulla performance. Abbiamo alimentato l’illusione che la soluzione sia sempre nel di più, in un’espansione infinita che ignora il limite, la finitezza, la cura.
Forse è arrivato il momento di riscoprire ciò che Morelli stesso definisce un mito mite, un modo di stare al mondo che non sia dominato dall’ansia di avere e di fare sempre di più, ma dalla capacità di dare valore all’esperienza e alle relazioni.
Un modo di stare nel tempo e nello spazio che non sia segnato dalla frenesia dell’estrazione e del consumo, ma dalla capacità di abitare il mondo con consapevolezza.

Proviamo a ripensare il desiderio in termini di mancanza che se ben elaborata può divenire l’alveo creativo della possibilità.
Forse dovremmo imparare a dire, con più consapevolezza: “Che bello essere stati qui”.

Sollecitazioni (bibliografiche)

Cosa significa essere umani? Corpo, cervello e relazione per vivere nel presente
Vittorio Gallese, Ugo Morelli – Raffaello Cortina Editore, 2024

Nel suo intervento, Morelli ha intrecciato molte voci. Ne segnaliamo alcune:
Judith Butler, La vita psichica del potere
Jaak Panksepp, Archeologia della mente
Daniel Stern, Le forme vitali

Dalle nostre ultime newsletter
– La newsletter sul Desiderio
– Una proteina: Il declino del desiderio Luigi Zoja, di cui abbiamo parlato qui

Qualche dato a cui guardare:
https://demo.istat.it/
https://ourworldindata.org/population-growth

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Le altre Newsletter di questo ciclo: Febbraio 2023 I Il futuro delle organizzazioni è adesso

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Paula Schmidt @Pexels, Dan Hamil @Pexels, Marta Prduction @Pexels

2 commenti su “Desiderare ancora. Una questione demografica”

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